Mentre facevo a botte per aggirare gli stilosi invasati che si picchiavano per entrare nello spazio Alcova dove stanotte sfilano anoressiche semibiotte ed efebi in tinta con le tendenze sessuali della zona, riflettevo che ha ragione Dickens: sono i tempi migliori e sono i tempi peggiori, è la stagione della spensieratezza ed è la stagione della speculazione; è l’epoca della fiducia ed è l’epoca del mettersi in mostra; è la primavera della speranza ed è l’inverno dei rincari degli affitti. La pelle è cambiata.
Morte le colazioni di quartiere, perché va bene alzarsi presto il sabato, ma se nessuno porta lo zucchero per il caffè, perché sbattersi a socializzare per le belle strade del quartiere più trendissimo dell’emisfero boreale? Morte le colazioni di quartiere, dicevamo, avanzano le pazze notti dell’Arizona 2000. Il venerdì –serata gay per eccellenza– non si trova un etero da via Natale Battaglia al McDonald di Piazzale Loreto. Ma il clou è un sabato sera ogni 4 in cui, mentre nella sala grande la gente si ammazza di samba e caipirinha, nella sala piccola si autocelebra RadioNoLo, l’unica emittente con più redattori che ascoltatori nell’intera galassia centrale.
Ma anche questo è NoLo… avevamo i marocchini, abbiamo gli stilisti; avevamo i pachistani abbiamo i designer; avevamo le kefia e abbiamo le sciarpe stile Oronzo Canà, buone per proteggersi dal freddo e dal buon gusto; avevamo delle grotte fredde sotto la ferrovia e abbiamo riempite con le sfilate stilose; avevamo un festival domesticamente pasticcione della canzone e adesso abbiamo un piccolo San Remo…
Abbiamo radio, simbolo, festival teatrale, gite turistiche, cardature, feste pazze, carnevali… siamo la Rio della Martesana, il quadrilatero del pensiero, il sambodromo della creatività…
Avevamo un buco di quartiere mal definito, con i suoi spacciatori, qualche zoccola qua e là, deiezioni canine sui marciapiedi, un certo numero di massaggi cinesi. Adesso nei giorni complicati per attraversare Via Ferrante Aporti bisogna mostrare un pass che dice “Sì, anch’io sono figo e so distinguere uno scialle firmato da uno zerbino”… Dai, diamoci una pacca sulle spalle e diciamoci: siamo fighi.
Abbiamo persino un nome e un cognome sulla mappa del Comune di Milano. Siamo diventati un NIL, cioè nucleo di identità locale, qualunque cosa significhi… per analogia, se pensate a una caramella polo, noi siamo un pezzo della menta intorno, Nella menta ci stanno sia Nolo che Casoretto, nel buco ci sta Piazzale Loreto.
Insomma, ci sono voluti tre anni per diventare grandi. Per diventare un grande NIL. Una sola precauzione: dall’avveniristico nil al latinissimo Nihil il passo è breve, basta aggiungere un’acca e togliere un’anima. E a svuotare un piccolo sogno per far spazio a ‘Milano vende Nolo’ ci si mette un attimo.
(Il Mica Social di Carlo Turati lo puoi ascoltare ogni venerdì nell’edizione del GiorNoLo Radio di mezzogiorno)